Molto interessate l’intervento di Luca Rosati e Stefano Bussolon allo SMAU di Milano, in merito all’Architettura delle Informazioni, e soprattutto in merito alla ricerca.

Premessa: DATI, INFORMAZIONI e CONOSCENZA, sono tre cose molto diverse l’una dall’altra.

Il dato è il numero, il fatto, la certezza.

L’informazione è l’elaborazione del dato.

La conoscenza deriva da una decisione e da una scelta.

Per conoscere occorre scegliere…poveri gli indecisi!

Meno male che l’architettura delle informazioni arriva in aiuto di chi non sa scegliere perchè è indeciso o perchè non si sente abbastanza informato per effettuare la scelta, o per chi per l’uno e l’altro motivo, non si sente in grado di compiere un grande o piccolo passo.

 

TEST

Se vi piace la cioccolata, preferite andare a comprarla:

1.in un super mega mercato con 1000 varietà di cioccolate diverse

2. in un negozietto piccolo con qualche varietà di cioccolato

Quale risposta avete scelto?

Non abbiate paura: non c’è una risposta giusta o sbagliata a questa domanda, ma ci sono diverse tipologie di utenti, ciascuna con la loro risposta.

Possiamo contare tre utenti- tipo:

A: sa perfettamente cosa sta cercando

B: ha un’idea di ciò che vuole, ha delle preferenze, ma non ha scelto

C: non sa quali aspetti sono importanti per la sua scelta

Se per A basta un ottimo motore di ricerca a soddisfare le sue esigenze, per B e C occorrono invece una guida o dei suggerimenti.

Ma facciamo un passo indietro: anche se all’ordine del giorno, fare una ricerca su internet non è una cosa di una facilità così scontata. Infatti occorre sapere non solo  che cosa si sta cercando, ma occorre anche saperlo nominare. Se per A questo è un gioco da ragazzi, per B ci saranno un po’ di difficoltà, per C è lavoro ben arduo.

Ecco che anche da questo punto di vista, occorrono dei consigli, dei suggerimenti. Ringraziamo dunque in primis Google che ci fornisce un serivizio di completamento della parola ( un primo basico suggerimento) e ringraziamo i menù a faccette o tutte le ricerche che ci permettono di affinare, guidandoci nella progressiva specificazione del nostro oggetto del desiderio.

MASSIMO RISULTATO X MINIMO SFORZO.

Questa resta l’operazione vincente, e l’obiettivo della architettura dell’informazione.

Questo post vuole ringraziare al volo direttamente da Milano Luca Rosati e Stefano Bussolon per il loro intervento!


Volevo oggi fare un complimento a questo sito: livemocha.

Si tratta di un  sito volto all’apprendimento gratuito delle lingue. Con livemocha io ho già preso lezioni di 3 lingue diverse. Se la formazione che fornisce è davvero da beginner, la cosa che apprezzo di più di questo sistema è il suo aspetto social. Infatti l’apprendimento si basa non solo su un sistema si insegnamento dall’alto al basso ma anche su una intensa attività si sharing. Il sito è secondo me strutturato molto bene da questo punto di vista. Ogni lezione è suddivisa in parti differenti:

1. imapara

2. revisiona

3. scrivi

4. parla

La cosa che io apprezzo è che ogni volta che si termina una di queste parti ( esclusa la prima) il sistema ti chiede di correggere uno degli esercizi che un altro utente ha fatto nella tua lingua. A sua volta, gli esercizi che tu stesso hai fatto saranno commentati e corretti anche da altri utenti madrelingua. Se poi non sei soddisfatto puoi chiedere a pagamento la correzione di un insegnante.

Basandosi sul principio che la lingua per essere appresa, non va solo studiata, ma va anche parlata, livemocha spinge lo sharing e la connessione tra gli utenti iscritti al sito, mettendo anche a disposizione un servizio di posta, commenti, amici e chat. Lo trovo un sistema davvero ben strutturato che vale la pena di provare. Inoltre ci sono continue possibilità di condivisione dei contenuti sulle varie piattaforme social.

Due critiche:

1. l’insegnamento della lingua potrebbe essere più approfondito e meno ripetitivo

2. gli interventi di promozione alla convisione potrebbero essere meno invasivi: infatti compaiono ogni volta finestre pop up che alla lunga, se sei concentrato sull’apprendimento, potrebbero risultare fastidiose interruzioni.


Ora non ho molto tempo per dilungarmi nella descrizione di tutti i suoi difetti, ma trovo che Facebook stia peggiorando di volta in volta il suo design dal punto di vista dell’usabilità. Soprattutto condanno quella dannata barra laterale a nascosto scorrimento laterale che vorrebbe farti vedere i contatti! Prima di tutto ci vuole un ingegnere a capire che la lista è scrollabile scorrendo la barra/menù ( è taòlmente tanto difficile usarla che non riesco nemmeno a spiegarmi bene) e in secondo luogo c’è quella odiosa ricerca in basso che sfugge facilemente ai non attenti.
Io preferivo quando sulla sinistra veniveno mostrati i contatti online…forse una ripetizione, ma utile.
In secondo luogo: vogliamo smetterla con tutti questi avvisi chiudibili in testata!!! Sembra il sito di ryanair!


Mi sento di fare questa riflessione in seguito ad uno spettacolo visto in un teatro di Parigi.

Lo spettacolo era molto contemporaneo: scenografia quasi assente, pochi colori, quasi esclusivamente in bianco e nero e molta interazione con video. La cosa interessante da questo punto di vista è che gli attori usavano la web cam o una telecamera in tempo reale. L’attore si trovava in una stanza visibile dal palco ma da questo separata da un muro e da un vetro ( come se fosse in un acquario tanto per intenderci) e recitava davanti alla telecamere in tempo reale così lo spettatore assisteva a un doppio spettacolo identico ma con inquadratura diversa: uno in cui vedeva tutto l’attore reale nel suo ambiente e l’altro in cui vedeva il primo piano dell’attore proiettato su un muro bianco collocato al di sopra della “stanza” in cui si trovava l’attore.

Una idea a mio avviso molto interessante e che potrebbe da sola suscitare molte riflessioni.

Ma andiamo avanti con l’analisi: lo spettacolo parlava della strage della Columbine High School…ma questo lo si capiva solo alla fine. Per un ora e un quarto lo spettatore si trovava di fronte a una situazione incodificabile: due attori dentro stanze, un maschio e una femmina, entrambi con dei forti problemi di socialità confidano la loro insoddisfazione, la loro solitudine e il loro senso di abbandono alle loro telecamere. A fare il link tra i due lo spetto di una bambina sul palco, rappresentativo del comune spirito e gioia di vivere infantile.

Anche qui la cosa risulta interessante.

Ma il problema grosso per me è uno unico che si fa sempre maggiore in ogni settore: l’importanza del MESSAGGIO.

L’arte, qualsiasi essa sia, non può prescindere da un messaggio, in quanto, almeno a mio avviso, dovrebbe essere comunicazione.

Ora quello che credo è che il messaggio possa essere chiaro o ambiguo, nessuna delle due possibilità è sbagliata dal mio punto di vista: un’opera ha successo quando stimola una riflessione, quando muove le menti, quando genera una sorta di catarsi.

Ora quello che manca all’arte contemporanea e a molti contenuti pseudo artistici di oggi è che non si guida nemmeno un po’ l’utente nella comprensione del messaggio. Non amo le forme di comunicazione che pretendono di dire la verità, non amo quelle che somigliano ad un insegnamento, ma non trovo efficaci nemmeno quelle che saltano da uno stimolo all’altro senza nulla approfondire o senza lasciare all’utente il tempo di capire che cosa sta succedendo.

Mi piacerebbe che l’arte, l’informazione, il web, e qualsiasi mezzo comunicativo odierno e di sempre, puntassero nuovamente a creare ( come succedeva ad esempio nell’antica grecia o nel teatro latino) una sorta di discussione comune su un soggetto. Nell’epoca contemporanea in ogni ambito accade spesso che l’utente viene lasciato solo davanti al contenuto. Quest’ultimo il più delle volte non è approfondito ma è principalmente estetico oppure è una pillola che nasce e dopo un secondo muore senza aver possibilità di esplorarla. Allora tutto dipende dalla volontà dell’utente: se l’utente è interessato e ama “lavorare”, allora si metterà di sua sponte e di buona lena a ragionare sullo stimolo ricevuto, se invece si ha di fronte un utente pigro o che non è stato troppo catturato dalla tematica, il messaggio entra da un orecchio ed esce dall’altro. Questo sistema non genererà mai una discussione comune su alcunchè.

 

Forse questa è una riflessione azzardata, ma adesso di parla tanto di social e di community tentando di scoprire i nuovi mezzi e le regole per creare dei buoni e rivoluzionari prodotti in questo senso…bè io credo che in quest’ambito  ognuno di noi dovrebbe riflettere prima di tutto su ciò che vuole comunicare e su come vuole farlo, chiedendosi a chi vuole rivolgersi, se a uno o a tanti.  Il messaggio non va mai preso alla leggera.

 


Riporto qui di seguito il comunicato ai lettori della celebre enciclopedia online Wikipedia, come riflessione sulle normative in merito alle intercettazioni.

“Cara lettrice, caro lettore,
in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c’è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero.
Il Disegno di legge – Norme in materia di intercettazioni telefoniche etc., p. 24, alla lettera a) del comma 29 recita:

«Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.»

Negli ultimi 10 anni, Wikipedia è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. Una nuova e immensa enciclopedia multilingue e gratuita.
Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni.
Tale proposta di riforma legislativa, che il Parlamento italiano sta discutendo in questi giorni, prevede, tra le altre cose, anche l’obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine.
Purtroppo, la valutazione della “lesività” di detti contenuti non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all’opinione del soggetto che si presume danneggiato.
Quindi, in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiedere l’introduzione di una “rettifica”, volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti.
In questi anni, gli utenti di Wikipedia (ricordiamo ancora una volta che Wikipedia non ha una redazione) sono sempre stati disponibili a discutere e nel caso a correggere, ove verificato in base a fonti terze, ogni contenuto ritenuto lesivo del buon nome di chicchessia; tutto ciò senza che venissero mai meno le prerogative di neutralità e indipendenza del Progetto. Nei rarissimi casi in cui non è stato possibile trovare una soluzione, l’intera pagina è stata rimossa.
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo
Articolo 27

«Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici.

Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.»

L’obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell’Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l’abbiamo conosciuta fino a oggi.
Sia ben chiaro: nessuno di noi vuole mettere in discussione le tutele poste a salvaguardia della reputazione, dell’onore e dell’immagine di ognuno. Si ricorda, tuttavia, che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall’articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione.
Con questo comunicato, vogliamo mettere in guardia i lettori dai rischi che discendono dal lasciare all’arbitrio dei singoli la tutela della propria immagine e del proprio decoro invadendo la sfera di legittimi interessi altrui. In tali condizioni, gli utenti della Rete sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per “non avere problemi”.
Vogliamo poter continuare a mantenere un’enciclopedia libera e aperta a tutti. La nostra voce è anche la tua voce: Wikipedia è già neutrale, perché neutralizzarla?
Gli utenti di Wikipedia”

Ma ci rendiamo conto?? La legge non dovrebbe essere ad personam e a volte purtroppo già lo è, ma si deve impedire che lo possa diventare anche la informazione!!!

Si prega di diffondere la comunicazione.


Leggendo il blog SNODI di Federico Badaloni ho trovato questa importante definizione del senso.

“Il “senso”, da un punto di vista della comunicazione, è sostanzialmente un percorso, una linearizzazione. “Connettere i punti”, dicono gli americani, cioè fare una scelta fra tutti i percorsi possibili all’interno di un firmamento di documenti. Si tratta di una linearizzazione perché scegliere cosa è pertinente vuol dire al contempo scegliere l’ordine migliore per comprendere la sequenza stessa. Questo ordine è quello che si ritiene più efficace in funzione di un obiettivo comunicativo. E’ un ordine narrativo.”

Effettivamente, se uno ci pensa, pare ovvio, ma spesso si perde di vista il senso del senso ( perdonate il gioco di parole).

Ogni volta che qualcuno ( chiunque) produce senso offre al pubblico dominio il proprio punto di vista su un argomento, in quanto il produttore di senso che scrive, ad esempio un articolo, propone un percorso interpretativo di alcune informazioni. Queste ultime saranno sicuramente state raccolte in documenti redatti in precedenza, che a loro volta hanno prodotto senso, delineando il proprio percorso interpretativo.
Ed abbiamo il famoso cane che si rincorre la coda nell’ambito dell’informazione.

Sappiamo tutti che l’informazione imparziale non esiste e non esisterà mai, ma abbiamo il diritto di conoscere le fonti da cui parte l’informazione (almeno lo step prima di come ci arriva confezionata).

Propongo quindi questo post come una riflessione sulla produzione della informazione e invito chiunque produca contenuti web a citare sempre le fonti delle proprie informazioni.

Perchè il post è in un blog che parla di architettura dell’informazione?
L’architetto dell’informazione è colui che più di altri specialisti del web guida la fruizione del contenuto attraverso la rete di link ( quindi percorsi) da lui pensata e strutturata. Ha dunque una grossa responsabilità nella creazione del senso. Meglio tenerlo sempre ben presente!!


Ecco una buona spiegazione del nuovo Google Plus scritta da Wired.

Una volta dentro la sensazione è un po’ quella di chi passa da Windows a Mac: vai cercando i comandi familiari, anche perché la grafica per tutto è studiata tranne che per differenziarsi da Facebook. Impostato l’italiano come lingua principale (nome, impostazioni account, lingua), la base per la navigazione è la pagina Stream, l’equivalente della Home. La differenza con Facebook sta nella possibilità di selezionare le  Cerchie di contatti con i quali condividere lo status/la foto/il video/il link/la posizione. Una gestione, dunque, più oculata del contenuto messo alla mercé della Rete. La sezione Cerchie ha una pagina a sé ed è di facile utilizzo: inserendo i contatti nell’uno o nell’altro gruppo si fa ladivisione delle proprie conoscenze. Tanto per fare un esempio pratico, lo status ” finta febbre per stare a casa da lavoro e guardare Beautiful” lo si condivide con familiari, amici, compagni del liceo, compagni di calcetto e non con i colleghi (ma che differenza c’è con le liste di Facebook?). Fra le opzioni anche Following: ovvero le persone di cui non vuoi perdere gli status, Twitter docet. Le Cerchie per Google+ sono una costante: non esistono gli amici del tal contatto, ma i contatti all’interno delle sue Cerchie e, come in Facebook, le conoscenze in comune con il profilo che stai visitando. E’ possibile anche sapere in quale cerchia ti ha inserito un amico, con la conseguente consapevolezza che ti escluda da alcuni dei suoi aggiornamenti, diversamente da quanto si possa fare in Facebook. Le reazioni a quanto scrivono e condividono gli altri sono identiche a quelle del fratello maggiore targato Zuckerberg: tasto +1 (Mi piace), Commenta e Condividi. Come dicevamo in apertura , non è possibile scrivere sul profilo – la bacheca – dei propri contatti. Come nel caso di Twitter, la pagina personale di ogni iscritto coincide con l’ elenco dei suoi aggiornamenti. Per fare capolino in casa altrui, si può utilizzare la citazione: @nome e finisci anche sul suo profilo. Le notifiche sono del tutto familiari, iconcina rossa in alto a destra. Attraverso la pagina Foto si accede in un colpo solo a tutti gli album dei contatti.

 

link della fonte: http://daily.wired.it/news/internet/2011/07/04/recensione-google-plus-13367.html


Puoi dire “mi piace”, puoi dire “consiglia”, puoi anche dire “condividi” e ora puoi anche dire +1!

icona +1

Anche Google inserisce questo magico pulsante di gradimento nella sua serp. L’utente diventa ancora più attivo nella scrittura del più famoso algoritmo del mondo.

Se da un lato la faccenda può sembrare gratificante per l’utente che diventa finalmente partecipe anche in ambienti estranei a vari social network, dall’altro costituisce l’ennesima costruzione di una nuova identità online….ma un po’ di nascosto.

Se non sei in possesso di un account gmail, o se effettui la tua ricerca con Google senza esserti prima loggato in gmail, non trovi il pulsante +1 accanto ai risultati della serp. Ma se sei in possesso di un account google e hai effettuato il login ( per esempio per controllare la casella mail), di fianco ad ogni risultato della serp trovi il suddetto pulsante.  Google memorizza ogni +1 cliccato dall’utente tenendo così in memoria tutti i tuoi gusti e consigli, e realizzando dunque un più accurato profilo della tua personalità, che va ben oltre alle fredde e canoniche informazioni che si inseriscono per la costruzione di un account di posta.

Mmm… è davvero tanto utile questo +1, se consideriamo il fatto che già la serp di google in se stessa consider, tra i vari criteri, anche la popolarità della pagina?

Mi viene il dubbio che questo +1, sia solo uno specchio per l’allodole dettato dal marketing o un tentativo di rendere l’ambiente google più facebook like, vista la moda…

Dico questo anche perchè io sono giunta a questo +1 per sbaglio: invece di cliccare sul link ho cliccato troppo verso la fine e per errore ho preso il pulsante. Non sarebbe meglio forse posizionarlo sotto al link? o magari alla fine della descrizione, così come accade nei vari articoli per i pulsanti “mi piace” o “consiglia”, che vengono dopo il contenuto?

Bah…queste sono le prime riflessioni a freddo…come al solito, si accettano commenti.

Riporto per conoscenza quanto dice Google stesso in merito al nuovo pulsante:

 

 

Il pulsante + 1 è un modo per dire “questo contenuto è veramente interessante “oppure “te lo consiglio, provalo”.

Fai clic sul pulsante +1 per segnalare qualcosa che ti piace. I tuoi +1 possono aiutare i tuoi amici, i tuoi contatti e altre persone sul Web a trovare le cose migliori mentre stanno facendo una ricerca.

Vedere i +1

A volte è più facile trovare esattamente ciò che stai cercando se qualcuno che conosci lo ha già trovato. Ricevi consigli per ciò che ti interessa, quando nei hai bisogno, nei tuoi risultati di ricerca.

La prossima volta che cerchi di ricordare il bed and breakfast che è piaciuto così tanto al tuo amico oppure un’associazione a cui fare una donazione, un +1 potrebbe aiutarti. Assicurati di avere eseguito l’accesso al tuo account Google.

Mostrare +1

Per fare +1 su qualcosa, devi prima creare un profilo pubblico Google. Questo aiuta le persone a sapere chi ha consigliato una deliziosa ricetta o un museo imperdibile. Quando crei un profilo, questo è visibile a chiunque e, poiché è collegato al tuo indirizzo email, può essere individuato facilmente.

I tuoi +1 sono memorizzati in una nuova scheda nel tuo profilo Google. Puoi mostrare la scheda +1 a chiunque oppure mantenerla privata e utilizzarla solo per gestire personalmente l’elenco crescente di cose che ti piacciono sul Web.



Segnalo questo post, perchè mi pare un ottima guida alla conoscenza di se stessi.

Perchè in fondo, vivere la propria vita al meglio non è proprio altro che fare buon marketing.

7 Ways Being More Confident Will Make You More Money

da Copyblogger di Copyblogger Media

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image of confident athlete

Building a business while fighting your fears is no picnic.

Fear of failure, fear of success, fear of making the wrong decision, fear of having people follow what you do, fear that people won’t follow what you do.

Holy moly, who’d want to have a picnic with those guys around?

Left to their own devices, those fears will hinder your ability to build the successful, profitable business that you want. But when you build enough self-confidence, you’ll be more than a match for any fear or challenge you’re faced with.

That’s how your business will grow, and here’s how it works.

1. You’ll go the extra mile

How do you get to Carnegie Hall? By having the strength to keep going when it’s easier to give up.

OK, practice is important too (and a funnier line).

Most people get 90% through a project and then either finish it or quit. By that point it’s probably “pretty much there” and “not bad at all.”

Sometimes it’s appropriate to go ahead and “ship” at that 90% point. But not if you want to create something extraordinary. And extraordinary sells — it’s the last 10% where the magic happens.

The last 10% of the most worthwhile endeavors is where you need to dig deep and find the spark and the faith to keep you going. This requires a deep-rooted trust that you can do it. It requires that your confidence in your capability is greater than the challenge ahead.

Going the extra mile when others might give up is what separates good from great.

2. You’ll do what matters

Recognize any of these?

  • I can’t do that because they won’t like it
  • This kind of problem is always nasty to deal with
  • I’m expected to be ultra-smart
  • I have to do it this way because that’s how it’s always done
  • I have to be professional

This is just a tiny sample of some rules that you may have set for yourself.

Whether you recognize these examples or not, you’re sure to have a bunch of expectations about what you can and can’t do, should and shouldn’t do, must and mustn’t do.

Added to that, you have expectations about what other people can and can’t do, should and shouldn’t do, must and mustn’t do.

And most brain-numbingly complicated of all, you have expectations about what other people expect of you.

True success comes from engaging with the things that matter to you and taking continued, meaningful action. But that’s only possible if you sweep aside the rules and expectations that don’t serve you.

Set aside the rules that don’t make sense, and make a firm decision to engage with something that has personal meaning — on your own terms.

3. You’ll make better connections

It’s not easy meeting people and building relationships, and it’s relationships that build a great business.

Until you calm your relationship-building demons and give yourself room to do it in ways that work for you (and your business), you’ll continue to struggle.

You’ll draw back from reaching out to people because you’re scared of being judged or rejected. Or you’ll second-guess yourself. Or step into a role that doesn’t fit, and end up with a performance that just isn’t convincing.

Natural confidence means that you don’t need to worry about approval or how you’re coming across. You’ll be able to connect naturally using the best of yourself … not in a big, shouty, look-at-me kind of way, but in a way that honors who you are and what you can do.

4. You’ll scare yourself

When that voice of fear or doubt rises inside you and tells you that your plan is too risky, what do you do?

The vast majority do exactly what that voice tells them to do: Nothing.

Most people choose safety and comfort over risk and discomfort. But that’s not where you’ll do your best work.

Your best work requires that you have to step beyond the confines of what you know, what you’ve done, and even who you know yourself to be. Sometimes you have to scare yourself silly in order to play a bigger game and participate in something amazing.

Of course you’ll be scared. Without inventing the flux capacitor and going into the future, you don’t know how things will work out. Uncertainty always creates some fear.

But natural confidence gives you the ability to trust yourself. Even though you might be trembling in your boots, you can step into the unknown with a deep trust that you can deal with whatever happens — good or bad.

It’s pretty cool.

5. You’ll be able to say no

Have you ever said “Yes” to something because it’s easier than rocking the boat by saying “No”?

Because you wanted to keep someone happy?

Because you thought it was expected of you?

I know I have. I bet you have, too.

But there’s only so much of you to go around, and everything you spend time on is time that you’re not spending somewhere else. For everything you say “Yes” to, you’re saying “No” to something else, and in your business this equation is critical.

I’m not suggesting you turn into a selfish jerk. Generosity is a rare commodity, and something to be encouraged. But only if it’s in the right spirit.

Saying “Yes” to stay out of a conflict, to please the other guy, or to receive validation is the wrong spirit.

Self-confidence means that your value doesn’t depend on how much other people approve of you.

It means you can make deliberate, enlightened decisions about what you do and where you spend your time, based on your priorities and values instead of your insecurities.

6. You won’t be fixated on success

It’s natural to want to succeed in what you’re doing. Otherwise you wouldn’t be here. But what if that focus on “success” was actually hindering you rather than helping?

See, success is the wrong motivator. It’s often based on extrinsic factors, the things you think success can deliver.

For you, it might be the feeling that you’ve “made it.” Maybe it’s the absence of worry. Maybe it’s respect and admiration. Or maybe it’s being able to travel first class, buy that shiny car, or eat at the best restaurants.

If you know what real success means for you, that’s great, but you’re in the minority.

Many chase an idea of success that they’ve patched together from what they’ve read, observed, or think they should be aiming for.

If you go after a muddled construct of success and place your self-worth on achieving it — ”If only I can get there, everything will be so much better” — you’re setting things up to be a struggle. And you’ll only feel disappointed and disconnected when (and if) you get there.

The fact is that success comes and goes just like failure does. So shouldn’t your self-worth depend not on the outcome, but on the way you play the game?

Instead of chasing success, take continued, meaningful action. Two things will happen. You’ll vastly increase the chances of experiencing real success in your business, and you also make sure it feels great when you get there.

7. You’ll always be ready to make the next decision

Building any business requires a constant stream of decisions. Sometimes those decisions will work out and sometimes they won’t.

Ask the world’s leading entrepreneurs and business leaders. They’ll tell you that failing is as important as succeeding in building anything worthwhile.

Without self-confidence, it’s easy to take screw-ups personally and to let them affect your thinking.

But the fact is that screw-ups are only a big deal if you decide they are. A great business is one that engages with the decisions it needs to make.

If you trust yourself to make decisions, then you don’t need to retreat, beat yourself up, or reinforce a negative self-image if something doesn’t work out. You’re always ready to make the next decision, no matter how this one turns out.

About the Author: Wondering how to get more natural confidence? Steve is a leading confidence coach who dances like Ernest Borgnine. So while he won’t be able to improve your dance moves, he can build your confidence. Read his blog and get more from him on Twitter.


Credo che la mia generazione sia profondamente in crisi.

Parlo di tutti coloro che hanno finito o sono al termine di un percorso di studi…di un lunghissimo percorso di studi.

Pare che oggi per lavorare tu debba essere un tutto-fare, ma contemporaneamente giovane ed estremamente specializzato, tutte contraddizioni che ancora non so e non riesco a risolvere.

Magari è un caso italiano, magari no….credo che comunque la situazione in Italia sia un po’ più esasperata che all’estero, ma non credo che questa differenza sia dettata dalla crisi economica.

Certo, la crisi fa la sua parte , ma il movente principale di questa situazione io credo sia una sfiducia generale.

La generazione governante ( quella dei miei genitori, quella dei 68ttini) pare essere insoddisfatta della realtà risultante dalle sue proteste e dalle sue idee; di conseguenza pare sfiduciata nella possibilità di creare una migliore…Accade a questo punto una sorta di transfert: loro hanno fallito, non avendo costruito il mondo che volevano per  i loro figli, e trasferiscono il fallimento proprio sulla generazione entrante.

Inconsciamente io credo che ci trasmettano questo strano senso di impotenza. Un giovane, per natura, o almeno io, è portato a sognare, a volare in alto, a fantasticare e io personalmente credo che sia proprio questa capacità immaginativa a “salvare il mondo”: se io punto in alto, altissimo, anche al di sopra di ogni possibilità potrò raggiungere ottimi risultati, non quelli sperati forse, ma comunque molto alti, perchè ho saputo e ho avuto il coraggio di ambire.

Un giovane oggi si sente un po’ tarpate le ali.

Si faccia un esperimento:

si mettano a vivere insieme 10 persone per 5 giorni. Se due 2 sono depressi dal secondo giorno alla fine dei 5 giorni tutte le persone sono depresse.

Alias:

se chi è il mio esempio e chi è responsabile della mia educazione è sfiduciato, e restio a credere che le cose possano cambiare, io inconsciamente mi autocensuro.

Ci vuole una gran forza di volontà da parte dei giovani per contrastare una generazione governate che volutamente non ci lascia posto per provare a realizzare i nostri sogni perchè loro non sono stati capaci di realizzare i loro e quindi ( a loro pare automatico) anche noi falliremo.

Di fronte a questa difficoltà i giovani si dividono tra quelli che diventano iper attivi e quelli che si impigriscono…

Vebbè non è mia intenzione con questo post mettere il dito contro nessuno, ma semplicemente è una riflessione che maturo da un po’ di tempo e che questo video ha risvegliato.

Se qualcuno vorrà commentare il mio punto di vista, sarò felice